CHIAMATI NELLA CHIESA PER STARE CON GESU' NELL'INTIMITA' DELLA CROCE, PER PREDICARLA AL MONDO SCACCIANDO CON ESSA I SUOI DEMONI Gesù non è il responsabile dell'ufficio risorse umane della Chiesa, non assume in base al curriculum, ma chiama quelli che “vuole" perché i suoi occhi vedono ciò che è nascosto all’occhio umano. E’ salito sul Golgota e da lì continua a chiamarci “così come siamo” proprio perché sulla Croce ha conosciuto tutto di noi. Si è fatto come noi per “assumere” tutto di noi eccetto i peccati. Si è fatto però peccato per cancellarli nel perdono “affinché i peccati non ci allontanassero da Lui” (VII Ode di Salomone). In spagnolo amare e volere si dicono con la stessa parola “querer”. Gesù "vuole" noi perché ci "ama", e nell'amore rivelato sulla Croce ci "fa" apostoli, secondo l'originale greco, come un artigiano, plasmando la materia grezza che gli offriamo per creare in noi la sua immagine. Apostolo infatti significa inviato, in ebraico “shaliah”, ovvero un altro se stesso di colui che lo inviava. Per questo Gesù vuole e sceglie in base al requisito che chiunque rifiuterebbe, si innamora di quello che nessun giovane vorrebbe mostrare di sé alla persona di cui è innamorato. Non ci ha scelto per le nostre capacità, per la pazienza, l'arguzia, la forza, per presunte disposizioni umane alla santità. Come ha voluto e scelto quei dodici uomini perché conosceva il loro cuore e sapeva che l’avrebbero vigliaccamente tradito: ha voluto e scelto la povertà e la debolezza dei peccatori per poterli amare e perché in loro il suo amore si riflettesse per giungere a tutti. Come vuole e chiama te così come sei per poterti amare! E’ questo il senso di ogni chiamata. Per questo proprio dalla Croce che oggi ci limita e umilia nella nostra realtà, il Signore ci attira a sé per strapparci alla superbia che ci obbliga a essere il dio che non siamo accogliendoci senza riserve nel suo amore. Quando entriamo in crisi dinanzi alla nostra debolezza è per l’orgoglio con cui il demonio vorrebbe rubarci la chiamata. L'abbandono del ministero, come il divorzio, le fughe di ogni giorno dal sacrificio e dalla sofferenza nascono sempre da un errore di prospettiva che ci fa scambiare la sabbia con la roccia, Colui che chiama con colui che è chiamato. Per questo, quando ci assalgono le tentazioni dello scoraggiamento, occorre tornare sempre all’origine dell’amore di Cristo che ci chiama al matrimonio, al presbiterato, alla vita religiosa, e poi al lavoro, allo studio e alla vita di ogni giorno. In questa gratuità che disarma l’orgoglio con cui vorremmo renderci adeguati con le nostre forze, possiamo ricominciare ogni giorno con pazienza verso noi stessi. Non si tratta di fare molte cose, ma di stare concretamente con Lui nella Chiesa che è il suo Corpo visibile dove possiamo sperimentare il suo amore che assume la nostra realtà per trasfigurarla; come ha fatto con Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono. Come ti chiamerà oggi il Signore? Lucia “figlia della burrasca” per la tua nevrosi? Giuseppe “pentola di fagioli” per la tua pignoleria che ti fa puntualizzare su tutto? Claudio “topo gigio” perché sempre timoroso a causa delle sofferenze patite? Marisa “nuvole e sole” per i cambiamenti di umore repentini? Ebbene, proprio i difetti e le debolezze, le sofferenze della storia che nel mondo esprimono ironia e spesso disprezzo e rifiuto sono il nome nuovo che Gesù ci dà unendoci a Lui sulla Croce. Perché Gesù fa nuove tutte le cose nella Sposa dell’Agnello, la comunità della quale, fondati sulla fede degli Apostoli, siamo chiamati ad essere le porte sempre aperte per offrire al mondo la salvezza. Niente più paura, perché Cristo ha vinto la morte e la notte non esiste più; nella Chiesa Egli ha il potere di trasformare tutte le debolezze in pietre preziose e meravigliose attraverso le quali risplende la luce del giorno eterno sul mondo. Sì, sulla Croce tutto di noi rifulge della gloria della resurrezione, predicazione credibile del Regno che pregustiamo e vessillo di vittoria capace di scacciare i demoni che tengono schiavi gli uomini con la paura della morte.
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